Origine di pasta e riso


Dopo latte e formaggi anche la pasta, bandiera per antonomasia del Made in Italy, avrà l’origine del grano e della semola indicati espressamente sulle confezioni. Ma non tutto è come sembra: il decreto grano/pasta prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno indicare in etichetta il Paese di coltivazione del grano (nome del Paese nel quale il grano viene coltivato) e il Paese di molitura (nome del paese in cui il grano è stato macinato).

Ma cosa accade in realtà? 

Entro la fine del 2017 saranno adottate le norme di attuazione UE sull’etichettatura di origine degli alimenti. La mossa di Bruxelles potrebbe chiudere il confronto aperto su questa materia con l’Italia. La mancanza degli atti esecutivi dell’articolo 26 del Reg. UE 1169/2011, che prevede i casi in cui debba essere indicato il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, è infatti uno dei motivi che hanno spinto l’Italia ad accelerare sull’obbligo di etichettatura di origine, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti su riso e grano per la pasta. Decreti che decadranno in caso di piena attuazione dell’articolo 26, cioè con l’adozione di norme di attuazione da parte della Commissione UE.

L’Italia aveva infatti notificato a Bruxelles i decreti sull’origine del riso e del grano per la pasta a Maggio 2017. Aveva poi deciso di accelerare in modo unilaterale, senza aspettare i tre mesi previsti per l’ok della Commissione UE ma addirittura ritirando la notifica a Bruxelles il 25 Luglio 2017.

Per quanto riguarda la filiera della pasta, la sua qualità distintiva non è da identificarsi tanto nel luogo di origine del grano, quanto, piuttosto, nel processo produttivo di miscela dei singoli ingredienti cerealicoli che compongono il prodotto finito.

Se si ritiene che elevati standard di sicurezza alimentare siano già ampiamente garantiti dalle vigenti normative europee e nazionali (le quali assicurano che qualsiasi prodotto alimentare non deve comportare rischi per la salute, né deve essere inadatto al consumo umano), l’introduzione dei nuovi obblighi di etichettatura potrebbero essere considerati un inutile aggravio, relativamente ai costi aggiuntivi da sostenere per l’etichettatura dei propri prodotti.
L’associazione di categoria dei pastifici (Aidepi) in un comunicato ricorda che già adesso “molte marche comunicano volontariamente l’origine del grano in etichetta o attraverso altri canali di informazione” e precisa che  “importiamo ogni anno il 30-40% del fabbisogno dell’industria della pasta perché il grano italiano non è sufficiente e non sempre raggiunge i livelli qualitativi richiesti”. 
C’è infatti da sottolineare che precedentemente ai decreti ministeriali recentemente pubblicati era già riconosciuta alle aziende agroalimentari la facoltà di indicare volontariamente in etichetta il Paese di origine o il luogo di provenienza della pasta o del riso (Regolamento UE 1169/2011), dando quindi la possibilità al consumatore di scegliere consapevolmente.