Home restaurant


La Camera ha approvato il testo che disciplina l’attività di ristorazione in abitazione privata, altrimenti nota come home restaurant, la pratica che organizza cene presso le case private con chef e cucina professionale o semi professionale. Ora il provvedimento andrà in Senato, ma sta già facendo discutere gli operatori del settore, come in fondo era anche prevedibile: si tratta della prima legge italiana, e tra le prime in Europa, che cerca di normare il settore del “social eating” cresciuto spontaneamente in questi ultimi anni.

Il mercato generato da queste attività supera i 7 milioni di euro l’anno per 40 mila eventi e circa 300 mila persone coinvolte: niente di tutto questo è minimamente regolato, sia come standard di sicurezza alimentare, sia considerando che sono organizzate in abitazioni private, che quindi potrebbero essere anche condominiali. Ci voleva una legge che da un lato definisse il fenomeno e limitasse l’attività in modo che non somigliasse né a un normale invito a cena tra amici né a un’attività di ristorazione professionale e continua.

IL DISEGNO DI LEGGE

Definizioni

Il testo unificato, composto di 7 articoli, introduce per la prima volta in Italia, una disciplina specifica per l’attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant), definendola come “l’attività finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo di residenza o domicilio, proprie o di un soggetto terzo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti, anche a titolo gratuito e dove i pasti sono preparati all’interno delle strutture medesime“.

Limite a 5mila euro

In base alla nuova legge, l’attività di home restaurant, come attività saltuaria, non potrà superare il limite di 500 coperti all’anno. Né tantomeno, il cuoco potrà percepire per la stessa “proventi superiori a 5mila euro annui”. Oltre tale cifra, l’attività risulterà imprenditoriale. Inoltre sotto i 5 eventi nell’anno solare e i 50 clienti, l’attività non è home restaurant ma social eating e non è soggetta alla legge.

 Salve le cene tra amici e parenti

Sono escluse dall’applicazione della nuova legge le attività non rivolte al pubblico, svolte in ambito privato o in ogni caso da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, definite libere e non soggette alla procedura. In tal caso, l’attività, anche se svolta abitualmente e a pagamento, sarà soggetta, chiarisce il relatore Senaldi, al pagamento delle “tasse sui proventi come ‘redditi diversi'”.

Prenotazioni e pagamenti solo online

Cardine della nuova normativa e norma della discordia è l’obbligo di utilizzare le piattaforme digitali, attraverso le quali dovranno passare sia le prenotazioni dei clienti che i pagamenti (elettronici). È vietata infatti la telefonata diretta così come l’uso del contante. Si pagherà solo con strumenti elettronici (bancomat, carte di credito) e in ogni caso la partecipazione dell’utente fruitore all’evento richiederà l’assenso dell’operatore cuoco. Le attività dovranno essere inserite nella piattaforma almeno 30 minuti prima del loro svolgimento e l’eventuale cancellazione del servizio dovrà rimanere tracciata. Le modalità per garantire il controllo delle piattaforme saranno fissate da un decreto del Mise, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge.

 Agibilità delle case-ristorante

Anche le case utilizzate per lo svolgimento dell’attività di home restaurant dovranno possedere determinati requisiti. Si prevede, in particolare, che gli immobili abbiano le caratteristiche dell’abitabilità ed igiene previste dalla legislazione vigente e che l’attività esercitata non comporti la modifica della destinazione d’uso. Vietato inoltre l’esercizio dell’attività nelle unità immobiliari in cui sono ospitati B&B o case vacanze. Il gestore della piattaforma, inoltre, dovrà verificare che gli “utenti operatori cuochi” (che dovranno possedere anche i “requisiti di onorabilità ex art. 71 d.lgs. n. 59/2010) siano assicurati per i rischi derivanti dall’attività e che lo sia la stessa unità abitativa.

AVVIO DELL’ATTIVITA’

Per l’avvio dell’attività non sarà più necessaria la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), come previsto nell’impianto originario, a pena di pesanti sanzioni sino alla chiusura dell’attività. A seguito degli emendamenti votati in aula, infatti, basterà una semplice comunicazione al comune (senza iscrizioni al Rec). Le norme attuative sono demandate al decreto del Mise. Un altro emendamento ha stabilito che sarà un decreto del ministero della Salute a determinare le “buone pratiche” di lavorazione e di igiene nonché le misure dirette al contrasto dell’alcolismo.

Solo sette articoli quindi per disciplinare un’attività che sull’onda del successo della sharing economy (economia della condivisione, quella corrente che va da Uber a Airbnb, passando per Gnammo, dove i cittadini si sostituiscono agli addetti ai lavori, dai tassisti agli albergatori fino ai ristoratori per partecipare alla crescita economica dell’intera comunità) ha allettato sempre più italiani fino a raggiungere i numeri importanti di oggi.

“www.studiocataldi.it”

“www.webnews.it”