La bocciatura della Legge sul Made in Italy


In data 22 novembre 2011 è stato emanato il nuovo Regolamento Comunitario n. 1169/2011 in materia di etichettatura degli alimenti.
Lo scopo principale del regolamento europeo, è quello di garantire una maggiore trasparenza nei confronti del consumatore finale riguardo alle caratteristiche del prodotto ed alle relative informazioni.

La motivazione della necessità di un nuovo regolamento è espressa nel “considerando n. 9” che recita: “Anche se gli obiettivi originari e i principali componenti dell’attuale legislazione sull’etichettatura continuano ad es­sere validi, è necessario che essa sia razionalizzata al fine di agevolarne il rispetto e aumentare la chiarezza per le parti interessate, modernizzandola allo scopo di tenere conto dei nuovi sviluppi nel settore delle informazioni sugli alimenti. Il presente regolamento gioverà sia agli interessi del mercato interno, semplificando la normativa, garantendo la certezza giuridica e riducendo gli oneri amministrativi, sia al cittadino, imponendo un’etichetta­ tura dei prodotti alimentari chiara, comprensibile e leg­gibile.”

Il Reg. CE 1169/2011

è stato esteso a tutto il territorio dell’ Unione Europea e ciò consentirà un armonizzazione dell’etichettatura per tutti gli stati membri. Inoltre, per la prima volta, anche la ristorazione collettiva dovrà dare informazioni previste dal Regolamento CE 1169/2011 al consumatore finale.

entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e si applica a decorrere dal 13 dicembre 2014, ad eccezione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera l (tabella nutrizionale), che si applica a decorrere dal 13 dicembre 2016 e dell’allegato VI, parte B, che si applica a decorrere dal 1 gennaio 2014 per le carni macinate.

Di seguito sono presi in considerazione i principali punti:

Etichettatura chiara e precisa: si ribadisce che le informazioni riportate in etichetta devono essere precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore. A tale scopo vengono indicate anche le dimensioni dei caratteri da utilizzare. Le diciture obbligatorie, le indicazioni nutrizionali e quelle relative all’origine dovranno essere nello stesso campo visivo della denominazione di vendita.

Etichetta nutrizionale obbligatoria: tra le informazioni obbligatorie da mettere in etichetta troviamo l’etichetta nutrizionale (prima era facoltativa). L’etichetta nutrizionale dovrà riportare le seguenti voci : valore energetico, la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale grassi. Il contenuto della dichiarazione nutrizionale obbligatoria potrà essere integrato con l’indicazione delle quantità di uno o più dei seguenti elementi:acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, polioli, amido, fibre, i sali minerali o le vitamine se presenti in quantità significativa.

Allergeni: gli allergeni dovranno essere dichiarati nell’elenco ingredienti ed evidenziati con caratteri grafici particolari (dimensioni, stile, colore dello sfondo). Inoltre, se contengono allergeni, andranno dichiarati anche i coadiuvanti tecnologici impiegati nella preparazione del prodotto.

Oli vegetali …non basta più: La dichiarazione degli oli vegetali quali ingredienti dovrà essere accompagnata dalla specifica del tipo di olio (palma, colza, girasole, ecc.).

Disposizioni specifiche per alcune categorie merceologiche: tra di esse, latte e derivati, bevande alcoliche, alimenti con caffeina aggiunta, carni e preparazioni a base di carni, prodotti non trasformati a base di pesce, budelli di salsiccia, carne macinata (che andrà definita in relazione al tenore in materie grasse e al rapporto collagene/proteine) e altri.

Indicazioni su base volontaria solo se rispetteranno precisi requisiti: nel caso in cui siano fornite su base volontaria, le informazioni sugli alimenti devono essere conformi ai requisiti: non devono indurre in errore il consumatore, non devono essere né ambigue né confuse per il consumatore; e devono basate sui dati scientifici pertinenti.

Il luogo di origine del prodotto deve essere dichiarato: al pari di quanto già avviene per la carne bovina, sarà obbligatorio indicare in etichetta il paese d’origine o il luogo di provenienza anche delle carni ovine, suine e caprine. Tale indicazione diventerà obbligatoria anche per le carni utilizzate come ingrediente. Successivamente (entro il 2014) verrà esteso anche ad altri tipi di carne, latte, prodotti monoingrediente e alimenti non trasformati.

Ma questo punto merita un approfondimento: A differenza del nuovo Reg. CE 1169/11, il D.Lgs. 109/92 prevede, tra le indicazioni obbligatorie, la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento (art.3, comma 1, punto f e art.11).

In Italia sarà quindi mantenuta l’obbligatorietà dell’indicazione della sede dello stabilimento di produzione/confezionamento? Risponderanno a questo quesito i decreti di attuazione che saranno emanati entro il 13/12/2014.

Il Reg. CE 1169/11 recita inoltre:

art. 26 comma 2:-“L’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria: a) nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza;”-

art. 26 comma 3:-“Quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario: (a) è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure (b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.”-

Art. 38 – Disposizioni nazionali

“…gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti materie non specificamente armonizzate dal presente regolamento purché non vietino, ostacolino o limitino la libera circolazione delle merci conformi al presente regolamento.”

In un’ottica comunitaria, è quindi considerata ostacolo alla libera circolazione la “discriminazione nei confronti degli alimenti provenienti da altri Stati membri”.

SITUAZIONE NAZIONALE 

In Italia, quando il Ministro delle Politiche Agricole si e’ dichiarato pronto a tradurre in pratica la nuova legge sull’indicazione di origine dei prodotti alimentari (Legge sulla tutela del Made in Italy), e’ giunto un “invito a non procedere“, da Bruxelles. Mittenti, i Commissari europeo per la Salute e Tutela del Consumatore John Dalli e per l’Agricoltura Dacian Ciolos, i quali hanno firmato una lettera dai toni garbati e diplomatici, ma di contenuto chiaro: (1) Si rammenta che lo scorso anno la Commissione europea aveva già intimato all’Italia di sospendere l’esame del disegno di legge in cui si prevedeva l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine dei prodotti alimentari. (2) Nonostante le prescrizioni comunitarie, il Parlamento italiano ha approvato il disegno di legge in questione. (3) Nel frattempo, è proseguito il dibattito europeo sulla proposta di regolamento UE per l’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari. (4) L’Italia non puo’ permettersi di adottare in questa materia regole ulteriori rispetto a quelle comuni.

La politica ha successivamente approvato all’unanimità una legge nazionale (Legge sulla tutela del Made in Italy) in palese contrasto con i principi europei. Per gli alimenti non trasformati, l’indicazione del luogo di origine o di provenienza era molto semplice, perché doveva coincidere con il Paese di produzione. Per gli alimenti  trasformati  l’indicazione era più complessa per via dei diversi passaggi. La legge prevedeva che venisse indicata la località dell’ultima trasformazione sostanziale. Sull’etichetta doveva apparire anche il luogo di coltivazione della materia prima agricola (ad esempio, nel caso di biscotti frollini  prodotti in un’azienda alimentare di Parma,  era necessario indicare, oltre all’indirizzo, anche l’origine della farina, ma non quello del grano). Nel caso di salumi  invece, bisognava precisare oltre alla sede dell’industria anche  il posto dove era stato allevato l’animale da cui proveniva  la carne. La  vera novità della Legge sulla tutela del Made in Italy riguardava quindi i prodotti trasformati, anche se il testo lascia spazio a qualche ambiguità. Secondo quanto scritto nella norma, sulla confezione di un pacco di  biscotti o di pasta è consentito scrivere “origine italiana” anche se contengono solo il 51% di farina italiana (materia agricola prevalente). In questo modo il consumatore sarà convinto di acquistare un prodotto 100% italiano quando in realtà non lo è.

In conclusione, indipendentemente dalle novità introdotte dal nuovo Reg. CE 1169/2011, i consumatori italiani sono stati illusi con una serie di false aspettative (generate dalla sponsorizzazione della Legge sulla tutela del Made in Italy) tra cui:

1) La possibilità di trovare in breve tempo l’origine degli ingredienti sulle etichette di tutti i prodotti alimenti, grazie a una legge che si sa non potra’ venire attuata.
2) La velleità di questa legge di garantire ai consumatori italiani una maggiore sicurezza degli alimenti in commercio, sul falso presupposto secondo cui le materie prime agricole italiane sarebbero più sicure rispetto a quelle di diversa provenienza. Già nel 2004 la Commissione europea aveva diffidato il nostro paese dall’applicare la “Legge Alemanno” (Legge n.204/2004) che prevedeva l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine delle materie prime dei prodotti alimentari.

L’etichettatura degli alimenti è materia di esclusiva competenza comunitaria e la Legge sulla tutela del Made in Italy, a differenza di quanto viene attualmente pubblicizzato, non supererà lo scoglio della Commissione Europea in quanto contrastante con la vigente legislazione europea.