L’intossicazione da Istamina


L’istamina e le altre ammine biogene sono sostanze azotate che si formano prevalentemente dalla degradazione (decarbossilazione) microbica degli amminoacidi. I microrganismi coinvolti sono comunemente presenti nell’ambiente ma la loro presenza è maggiore nei cibi a rapida deperibilità, soprattutto se fermentati e ricchi di particolari amminoacidi, come pesci, carni, salumi, latticini e formaggi, ecc…

Bisogna ricordare però che non tutte le ammine biogene sono tossiche, dal momento che alcune di esse ricoprono importanti funzioni fisiologiche. La stessa istamina è ampiamente diffusa nell’organismo umano dove ricopre un ruolo di primo piano nelle risposte infiammatorie ed allergiche, nella secrezione gastrica ed in alcune attività cerebrali, ma può essere causa di intossicazione alimentare.

L’istamina si sviluppa in minima parte da fenomeni autolitici di origine tissutale con il diminuire della freschezza e, per la maggior parte, deriva dall’azione di enzimi (in primo luogo l’istidina–decarbossilasi), elaborati soprattutto da germi appartenenti ai generi: Morganella, Klebsiella, Proteus, Hafnia, Enterobacter, Citrobacter, Vibrio, Photobacterium.

I microrganismi sopracitati possono essere già presenti nella flora intestinale dei pesci, o contaminare le loro carni lungo tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, per questo è necessario applicare correttamente il sistema HACCP in tutti i suoi punti. Inoltre l’istamina, una volta prodotta, è una sostanza molto stabile e nessun procedimento utilizzato comunemente nella preparazione dei cibi è in grado di alterarla. Infatti resiste alla congelazione, all’affumicatura, all’inscatolamento e alla cottura.

La maggior parte dei casi di intossicazione si verificano in seguito al consumo di pizza col tonno. Il tonno sott’olio utilizzato in pizzeria, conservato magari, una volta aperta la confezione, a temperature troppo elevate, può presentare considerevoli livelli di istamina. Questo si verifica malgrado si tratti di un prodotto sterilizzato, in quanto le sue carni ricche di istidina, altamente termostabile, rappresentano un substrato perfetto per i microrganismi contaminanti.

Il contenuto medio di istamina di sgombro, tonno, aringhe, sardine e acciughe è di 0,5- 25 mg/kg e il Regolamento CE 2073/05 prescrive che il loro tenore medio di istamina, calcolato su 9 campioni, non può superare i 100 mg/Kg. Per far si che non si raggiungano tali valori, è necessario mantenere sempre questi alimenti a basse temperature.

L’intossicazione da istamina è inevitabilmente legata alle abitudini alimentari dei consumatori,  ma la rete mondiale per la raccolta, trasformazione e distribuzione di prodotti ittici ha fatto di tale sindrome un problema globale e oggi probabilmente costituisce una delle più comuni intossicazioni da ingestione di pesce. Non esistono però dati statisticamente affidabili sulla sua incidenza, sia per la mancanza, in molti paesi, di adeguati sistemi per la segnalazione di malattie di origine alimentare, sia per la natura non grave della malattia stessa che spesso viene sottovalutata, sia ancora per scarsa preparazione professionale. Spesso, infatti, i sintomi della intossicazione da istamina sono confusi con quelli di altre malattie  quali la Salmonellosi o le reazioni allergiche, rendendone quindi difficile il riconoscimento.

LA PREVENZIONE

Adeguata refrigerazione (intorno a 0°C) e buona igiene sono accorgimenti fondamentali per il controllo dello sviluppo dei microrganismi produttori dell’enzima istidina-decarbossilasi e quindi della produzione di istamina.  A tal fine è importante che tutti i protagonisti della filiera dei prodotti ittici rispettino la catena del freddo e le norme di buona produzione e manipolazione: dal momento della cattura, alle diverse fasi di commercializzazione, al trasporto sino all’esposizione per la vendita al consumatore.

Anche il cittadino ha però grandi responsabilità: le caratteristiche dell’alimento, spesso ottimali al momento dell’acquisto, potrebbero, infatti essere alterate da comportamenti non idonei durante il trasporto dal punto vendita al domicilio e durante la conservazione domestica. E’ quindi importante, non solo fare un acquisto attento che valuti lo stato di freschezza del prodotto (ad esempio per il pesce: occhio convesso, colore lucido, esposizione su banco refrigerato con abbondante ghiaccio sotto ed intorno), ma adottare precauzioni per conservare inalterate le caratteristiche del pesce fino al momento del consumo. Si consiglia pertanto di evitare soste al sole dopo l’acquisto, di impiegare borse termiche con i siberini per il trasporto e di conservare il prodotto in frigorifero a temperature non superiori a 6°C. E’ altresì sconsigliato consumare conserve ittiche aperte (tonno, sardine, sgombro) conservate a lungo a temperature non idonee (temperatura ambiente).

Centro Studi per la Sicurezza Alimentare

Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana